Ostrica #6
Il mondo (dell'Internet) è la tua ostrica. Ogni settimana, delle perle speciali da fondali nascosti.
Buongiorno!
Una buona, gialla domenica a voi, ma soprattutto buona Santa Lucia a chi porta questo nome e a chi oggi la festeggia, così come buon Hanukkah - o Chrismukkah se preferite. Avete ricevuto i vostri regali? Purtroppo non appartengo alla categoria di fortunelli graziati anticipatamente, ma il 13 dicembre lo ricordo sempre come un giorno particolare perché ci ho discusso la mia tesi triennale. Era il 2012, era la facoltà di Mediazione Linguistica e Culturale dell’Università degli Studi di Milano e io non vedevo l’ora di mettere fine al mio ciclo di studi. Dettagli poco interessanti a parte, la tesi l’avevo fatta sul libro-intervista di David Lipsky a David Foster Wallace che in italiano è uscito per minimum fax con il titolo Come diventare sé stessi.
Un frame del film tratto dal libro, dal titolo The End of the tour. Se non lo avete visto, non è così impellente recuperarlo.
Questo libro, nella sua forse irrilevanza a livello letterario o culturale, ha però seminato qualcosa di importante perché mi ha fatto avvicinare - e di molto - alla forma dell’intervista, a cui sono molto affezionata e che come giornalista pratico in abbondanza. DFW rimane sempre uno dei miei scrittori preferiti, i cui libri sto centellinando per poter avere sempre qualcosa da leggere - e prima o poi riuscirò ad affrontare Infinite Jest nella sua imponente mole - ma per quanto si possa dire di conoscere un autore dalla sua scrittura, non lo si potrà mai dire di conoscere veramente finché sarà l’unica direzione. Per questo il libro di Lipsky insegna qualcosa di importante sull’utilità di un’intervista, ovvero che ci pone un punto di vista alternativo, una via di accesso esterna che si palesa attraverso l’interazione con un’altra persona. DFW aveva passato quasi una settimana con uno sconosciuto collega per parlare di sé stesso e tirar fuori gli argomenti più scomodi che riguardavano la sua vita senza protezione alcuna. Di DFW si diceva da tempo che oltre alla depressione maggiore, avesse avuto un trascorso con la dipendenza da droghe. Quali nello specifico non è mai stato specificato dall’interessato, ma il tema della dipendenza rimane centrale in gran parte dei suoi scritti. Questo, car* tutt*, mi trascina con forza a parlare di quel piccolo gioiello che è Trouble don’t last always, l’episodio speciale della serie tv Euphoria.
Euphoria di Sam Levinson è una serie che non va assolutamente persa per tante ragioni: perché osa, perché ha ritmo, perché è esteticamente superba, perché mette in campo tematiche molto pesanti, ma urgenti. “Non il solo teen-drama”, come hanno titolato in tanti durante lo scorso anno, quando la serie è uscita. Quest’anno a causa del Covid-19 purtroppo non abbiamo avuto la seconda stagione, ma avremo due episodi speciali, di cui quello appena uscito che parla dell’adolescente Rue e dei suoi, appunto, numerosi problemi con il vivere. Rue Bennett (interpretata da Zendaya, che si è guadagnata un Emmy per l’impresa) convive sin dall’infanzia con numerosi disturbi mentali (OCD, ADD, disturbo d’ansia e forse disturbo bipolare), finché non scopre la droga durante il liceo. Prova a disintossicarsi, si innamora di Jules e una notte prova a convincerla a lasciare l’asfittica realtà provinciale in cui vivono, per poi tirarsi indietro all’ultimo e vedere il suo amore andarsene via dal binario della stazione. Lì lasciamo Rue alla fine della stagione, che si conclude con la sua ricaduta nella droga dopo un lungo percorso di sobrietà. Nell’episodio di cui vi volevo parlare, però, Rue si trova a dialogare con il suo sponsor, Ali, in un tipico diner all’americana, la sera della vigilia di Natale, per provare a tenere insieme i pezzi. Rue fa la spavalda, poi lentamente crolla: i protagonisti non si spostano da quel luogo, parlano fino a una sorta di epilogo. Vorrei dire tante cose del contenuto di questo episodio, un gran pugno nello stomaco, che parla direttamente a chi conosce la “malattia della dipendenza” in tutte le sue forme possibili e così tanto diffusa oggi. Vorrei dirle ma le hanno dette meglio di me e soprattutto non vorrei togliervi il gusto di guardare l’episodio e l’intera serie. Se volete tornare a parlarne con qualcuno, sapete dove trovarmi. Intanto, per scaldarvi, potete ascoltare la soundtrack curata da Labrinth che non mi stanco mai di ascoltare e la sua versione di Ave Maria per questo episodio speciale.
ASCOLTI
Che oggi è Santa Lucia l’abbiamo detto. Questo weekend si tiene online il Lucia Festival - la Radio al cinema, con un sacco di talk e anteprime per chi ama il mondo dell’audio. Io vi consiglio di ascoltare Cruces en el desierto, un audiodoc di Las Raras podcast per capire come sono belli i podcast fatti come si deve (e scoprire una storia difficile ma necessaria).
MUSICA
Recuperate Man on the Moon III, nuovo album di Kid Cudi che suona davvero molto bene. E vi consiglio anche il mix messo su da Grimes per il videogioco Cyberpunk 2077, qualcosa di meno impegnativo dell’album uscito all’inizio di quest’anno (sorry Claire). Confidiamo nelle tue ninne-nanne con l’Intelligenza Artificiale.
Vi lascio con l’ultimo articolo di Annamaria Testa (che è sempre come calare l’asso di bastoni): armiamoci di progetti, di visioni e di sogni per riempire di significato questo vuoto. Come dice la mia amica M.: “occhi grandi in cerca di meraviglia”. Un piccolo barlume di positività in un’Ostrica forse un po’ cupa D’altronde, è o non è il giorno più corto che ci sia?
L'arte è ciò che vi permette di voltarvi indietro e di rivedere Sodoma e Gomorra senza morire.
Jean-Luc Godard
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Alla prossima domenica!
Il discorso sull'illanguidimento vale l'intera news letter! Bentornata ! 💕
Grazie per avermi citata! ❤️ Ti baciuo